Paese mio che stai sulla collina…. è proprio così! Lungo la Strada Marscianese, a 7 chilometri da Perugia, sorge il mio paese: San Fortunato della Collina. “Riviera dell’Umbria”.
E’ situato su una collina a 300 metri sul livello del mare. Dalla piazza del Belvedere si apprezza il magnifico panorama che scende ripido. Nel fondo, immerso nel verde della vegetazione, scorre il Tevere. E’ un posto piacevole soprattutto per gli abitanti che si trovano in questa piazza circondata da una ringhiera di ferro e di sedili di cemento, a godere l’aria pura e frizzantina specialmente nelle serate calde.
Dall’altra parte del paese si trova una valle più piccola ma anch’essa importante perché scopre tante cose da apprezzare: una parte di Perugia, sua provincia, suo comune, suo riferimento. Abbassando lo sguardo più vicino al paese si nota il fiume Genna che serpeggia accarezzando le sue terre e sembra dire “ci sono pure io”.
E’ un paesino che non posso dimenticare, mi ricorda la mia infanzia, ho passato la mia gioventù, fino al giorno del mio matrimonio. Tuttora ci torno spesso e volentieri perché è lì che ho le mie radici, in modo particolare quando arrivano le feste. Mi emozione ripensando a quei tempi: passavo davanti al fabbro, batteva il martello sull’incudine e sentivo l’eco che risuonava in un palazzo vicino. Quando entravo in paese passavo sotto un arco che ai tempi degli antichi era l’ingresso di un famoso Castello, di cui potete leggere la storia su Wikipedia.
Appena si entra si trova una piazza circondata da case che fanno parte del muro di cinta del paese, la Chiesa di san Fortunato, che prende il nome di un Vescovo di Todi. Un tempo si diceva che questo Vescovo, diventato Santo, passò per questo paese, se ne innamorò a tal punto da lasciargli il suo nome come simbolo di fede. Il popolo de paese, il giorno dedicato a san Fortunato, canta con fervore una preghiera: “O protettor! A te s’inchina il popol tuo con vivida fede…”.
Dentro la Chiesa si trova anche la statua di Santa Veronica Giuliani molto venerata dai paesani. Patrona della gioventù. Quando ricorre la sua festa il popolo a lei devoto canta con amore: “Da la vetta del colle sereno, ove il nostro paese sorride, sorga un inno di giubilo pieno a la Santa che tanto ci amò. O cara nostra Santa Veronica Giuliani…”. Una volta siamo andati in pellegrinaggio a Città di Castello a far visita alla Santa. Il suo corpo è venerato nel Santuario della Suore Cappuccine.
Il campanile di San Fortunato della Collina sorge vicino alla Chiesa, spicca con imponenza e sembra che la sua punta tocchi il cielo, domina tutto il panorama e le sue campane argentine si fanno sentire da vicino e da lontano, mi fa tenerezza ricordare questo. Il mattino la campana suonava per dire ai bambini di scuola “preso non fate tardi” e noi dicevamo “allunghiamo il passo, ha suonato la scuola!”
Le persone adulte andavano per i campi, lavoravano con tanta lena fino a mezzogiorno, scandito dalla campana che, suonando a distesa faceva capire di fare ritorno a casa, era l’ora del pranzo e di un piccolo riposo, per riprendere poi i lavori.
Ricordo mio padre quando zappava i campi e sentiva suonare mezzogiorno: si toglieva il cappello, lo appoggiava al manico della zappa e , abbassando il capo, rimaneva immobile per ringraziare Dio. Questo gesto era fatto da molte persone ovunque si trovassero.
Al crepuscolo, puntualmente, ecco che la campana con i suoi rintocchi tornava a suonare, la giornata era finita, dicevamo: “suona l’Ave maria”. Si rientrava in casa per consumare la cena preparata dalle donne più mature, era un momento di relax e di colloqui familiari. Nella mia famiglia, come in tante altre, si recitava il Santo Rosario, soprattutto nel mese di maggio, detto mese mariano,dedicato a Maria. Trascorrevamo la serata a raccontarci, confrontarci, scherzare e noi giovani anche cantare prima di darci la buona notte. Era molto bello sentir suonare le campane, il loro din don scandiva i tempi della giornata, come il nostro orologio.
La domenica suonavano dal primo mattino, se c’era una ricorrenza suonavano a festa per invitare i fedele alle celebrazioni in Chiesa, lo facevano ad intervalli, per far capire come scorreva il tempo per essere puntuali alla cerimonia in Chiesa.
Qui merita ricordare il campanaro che saliva ogni volta la scaletta all’interno del campanile fino in cima per suonare le campane a festa, oggi questo non esiste più, sono tutte elettriche. La gente si preparava, indossava il vestito della festa e andava alla Santa Messa.
Finita la cerimonia ci si ritrovava fuori, ci si salutava con piacere, si scherzava con qualche pacca sulla spalla e nelle grandi feste la banda musicale suonava in piazza.
Ho un tenero ricordo: due persone, per grazia ricevuta, regalarono due grandi campane per la Chiesa di San Fortunato, Il campanile fu alzato e fortificato per accogliere le due nuove campane. prima di sistemarle, le portarono in Chiesa per benedirle. Organizzarono una cerimonia con le due campane addobbate a festa e accanto ad esse c’erano le due madrine. Il parroco le benediva mentre il coro della parrocchia cantava. La gente sorpresa si stringeva commossa per assistere a questo raro e particolare evento. Quando rivivo questo ricordo, l’mozione mi assale ancora oggi come allora.
Ricordo molto bene la prima televisione in bianco e nero. Arrivata questa novità (forse non era a buon prezzo per tutti) i paesani, d’accordo con il parroco del paese, installarono un televisore in un ambiente parrocchiale. La sera ci si organizzava per andare a vedere. E’ difficile dimenticare! Fu molto bello per il paese perché era un motivo per socializzare di più e con interesse. Ricordo il famoso “Rischiatutto” condotta da Mike Bongiorno, “Piccole donne crescono” a puntate con l’attore Raf Vallone, che ara l’idolo di noi ragazze, e tante altre trasmissioni.
Questo non durò molto perché presto la televisione entrò in tutte le famiglie.
Andando avanti con l’età si trova più tempo per scrivere, ed io ho voluto fare un tuffo nel passato. Mi fa riflettere: una volta si viveva con molto meno, ma con più serenità e tanta gioia dentro il cuore. Passano gli anni, il paese di San Fortunato si è popolato, nascono villette, fabbricati con tanta gente che ha voglia di fare e che si è unita con il paese di Boneggio e insieme organizzano tante belle cose, come la sagra paesana del “Buon mangiare e del belvedere”, ora cambiata in a”Sagra del piccione in carrozza”.
Una cosa che ricordo con piacere: il presepe vivente con costumi dell’epoca. Non mancava neppure la festa del carnevale dedicata ai bambini e non solo ai bambini. La cosa che attirava maggiormente era ed è il coro polifonico che ha notevole importanza.
Ricordo pure uno spettacolo in piazza di un’opera teatrale chiamata “La serva padrona” e “Il maestro di cappella”. Durante la pausa veniva offerto a tutti un rinfresco. Tutto questo, grazie alla generosità dei parrocchiani che hanno reso più importante e accogliente il paese di San Fortunato della Collina. Quando mi trovo a passare per la strada lì sotto, dico sempre: “Ti saluto o mia cara riviera dell’Umbria”.
Annita Cassieri